
Acqualoreto: Storia e Caratteristiche del Borgo
Acqualoreto deve il suo nome all’abbondanza di acque e ai numerosi alberi di alloro (laurus nobilis e laurus cerasus) presenti nei boschi. Tuttavia, negli “Annali Camaldolesi” del 1059, è citato come “Acqua Larelle,” che potrebbe essere un’altra origine del suo nome. La sua fondazione risale al X secolo.
Nel Medioevo, Acqualoreto faceva parte della Massa civitellese, con trentasei fuochi (circa 150 persone nel 1290). Era incluso nel plebato di Sant’Angelo di Izzalini. Castello di difficile accesso, divenne feudo dei Trinci, una nobile famiglia di Todi, infeudata da Federico II con un diploma a Napoleone di Rainaldo Trinci nel 1240, che confermava uno precedente del 1219.
I Trinci furono poi spodestati dagli Atti e dai Chiaravalle, stabilendosi successivamente a Foligno. Acqualoreto faceva parte del sistema difensivo di Todi, con una posizione strategica fronteggiando il castello di Montemarte, detto la Roccaccia, sulla sponda destra del Tevere: due baluardi opposti, il primo di Todi e il secondo di Orvieto.
L’amministrazione era affidata a un sindaco scelto tra gli abitanti locali e ai “massari,” delegati della città di Todi. Per la difesa e la guardia civica c’erano i “sergenti,” che, terminato il mandato, venivano iscritti nella classe nobile todina.
Evoluzione Demografica e Ruolo Ecclesiastico
Agli inizi del XV secolo, Acqualoreto subì un notevole calo demografico, ma si riprese nella seconda metà del secolo. La chiesa del castello divenne sede di vicaria foranea, presiedendo un ampio distretto diocesano e uno dei nove priorati della diocesi. Nel 1471, Angeluccio di Andrea di Acqualoreto fu il primo benefattore del neo fondato Monte di pietà di Todi con cento fiorini d’oro.
Gli Abitanti e il Territorio
Gli abitanti di Acqualoreto, noti per la loro determinazione e azione, contribuirono anche alla fondazione del paese di Casemasce, utilizzando i materiali del distrutto castello di Montemarte. Nel 1551, Acqualoreto contava circa cinquecento abitanti, aumentati a trecentonovantadue nel 1571. Il territorio si espanse a spese dei castelli di Pigliuto e Fulignano, incorporando i loro abitanti.
Importanza Religiosa e Sociale
Dopo il Concilio di Trento, la parrocchia di Acqualoreto si arricchì di reliquie, vantando pezzetti del velo di Maria, del mantello di San Giuseppe e del legno della S. Croce. Nel 1789, mentre in Europa si discuteva della Rivoluzione Francese, ad Acqualoreto si organizzavano corvées per riparare le fontane del paese.
Periodo Napoleonico e Successivo
Nel 1810, Acqualoreto entrò a far parte del cantone rurale di Todi, secondo le disposizioni napoleoniche, e poi della podesteria di Baschi, pur rimanendo nella diocesi di Todi. All’epoca contava ottocento ottantacinque abitanti, più di Civitella dei Pazzi e Baschi. La cappella di San Valentino è stata recentemente aperta per facilitare l’accesso al paese.

Il Cerreto: Storia e Caratteristiche del Borgo
Posto sul pendio sud di Civitella del Lago, con splendida vista sul Lago di Corbara, il Cerreto è un insieme di diversi agglomerati di case. La sua storia è strettamente legata a quella di Civitella del Lago.
Viene citato in un documento del 1270 contenente l’atto di acquisto di alcune terre appartenenti all’ospedale della Carità di Todi (il più grande istituto per bambini abbandonati dell’Italia centrale, fondato direttamente da San Francesco), da parte di Zurcio, di Goffredo e le successive liti con i civitellesi. Nello stesso testo si definiscono anche i confini di tali proprietà.
Nel XIV secolo, i suoi abitanti furono coinvolti nelle lotte tra gli Atti e i Chiaravalle (rispettivamente guelfi e ghibellini). Nel 1503, insieme alla popolazione di Civitella di Massa, ottenne la cittadinanza di Todi.
Il Cerreto Oggi
Oggi, sulle sue dolci colline si adagiano rigogliose vigne che producono vini DOC di eccellente qualità ed oliveti che danno oli ricercati. Per il turista che desidera relax, aria pura, silenzio, buona cucina, tranquille passeggiate, equitazione e piscina, esistono due confortevoli agriturismi.
Nella prima settimana di agosto si svolge la ormai tradizionale “Sagra della Focaccia”.

Storia di Civitella del Lago
La zona in cui sorge Civitella, in epoca romana, era densamente popolata e fiorente era la sua agricoltura; i prodotti erano inviati a Roma via Tevere, dal vicino porto di Pagliano.
Numerosi sono, quindi, i reperti romani. Pare che dove sorge ora questo tranquillo paesino, ci fosse la città romana di Vindino (così la chiamò Plinio il giovane). Sulle sue rovine fu edificata Civitella di Massa, che faceva parte della Massa Bindi (deriva dalla trasformazione di Vindici-Bindinio-Bindi) insieme ad altri castelli che formavano un sistema di difesa del territorio di Todi sulla riva sinistra del Tevere.
Queste terre condivisero la storia con la città di Todi fino agli inizi del XIX secolo, quando la quasi totalità di Massa andò a costituire il Comune di Baschi durante il periodo napoleonico.
Oltre ai compiti di difesa delle strade e delle mura, gli abitanti di Civitella si dedicavano alla pastorizia e all’agricoltura. Dai fitti boschi ricavavano legna, carbone, ghiande e castagne.
Nella Massa di Civitella si ha una delle prime “universitas”, cioè una delle prime Comunanze: proprietà demaniali comuni. Ne abbiamo notizia in un atto di acquisto del 1270 di alcune terre appartenenti all’Ospedale della Carità di Todi.
Civitella gode di una posizione strategica importante: su un’altura difficilmente accessibile, punto di incontro tra due civiltà diverse, quella orvietana e la tudertina. Dal XIII secolo, il Comune di Todi favorì l’insediamento dei Fredi, potente famiglia le cui origini risalgono al X secolo.
Nel 1367, sotto le mura di Civitella, si accamparono le truppe comandate da Guido di Montemarte: erano soldati orvietani che andavano in aiuto del cardinale Albornoz, il quale stava assediando Todi. Anche Civitella fu attaccata e subì gravi danni. Todi fu inglobata nello Stato della Chiesa e, morto Albornoz, la stessa città, terre e castelli divennero preda di nuove e potenti famiglie: gli Atti (guelfi), i Chiaravalle (ghibellini), i Brancaccio di Napoli, i Malatesta, i Michelotti e Braccio Fortebraccio.
Con gli Atti ci fu un decremento della popolazione molto sensibile. Nel 1500, gli Atti erano così potenti da trattare da pari con cardinali e papi. I Fredi se ne erano andati nel 1474.
Nel 1530, Civitella ottenne la cittadinanza di Todi per tutta la sua gente, tale riconoscimento fu pagato con duecentoquaranta ducati d’oro. I Civitellesi furono cancellati dai registri dei fuochi e iscritti in quelli urbani: potevano tenere truppe nel proprio territorio, ma continuavano ad essere soggetti alla Chiesa e al Papa.
Con gli Atti, il castello riprese vita. Fu costruito il bellissimo “Arco di Diomede” (Diomede Atti), fu ricostruito il palazzo e ricostituito il consiglio comunale. Nel 1577, Todi decise di inserire sulle porte di ogni castello l’arma di Todi, ne fece costruire tantissime e anche Civitella ebbe “una pietra grandetta con l’arme della comunità che dovette mettere sopra a proprie spese entro sei mesi, altrimenti avrebbe pagato la pena di scudi dieci”.
Anche se il paese poteva eleggere un consiglio degli Anziani, i signori erano sempre i veri dominatori e controllavano il flusso delle merci grazie ad uomini di loro fiducia posti a guardia delle porte.
Nel 1585 fu rinnovato il catasto, che comprendeva Acqualoreto, Morre, Morruzze, Santa Restituta, Toscolano, Montecchio e Civitella fino alla Pasquarella.

Storia di Collelungo
Appartenente al plebato di Izzalini ed era un castello fortificato; non si sa esattamente il periodo della sua nascita. Contava quindici fuochi. Nel 1297 prese parte alla difesa di Pompognano (qui gli Orvietani furono sconfitti dai Todini nel 1252. Pompognano fu raso al suolo nel 1301; era chiamato anche Castellaccio delle Formiche).
Gli abitanti di Collelungo si occupavano, insieme con quelli di Pigliuto, Fulignano, Acqualoreto e Cappanni della difesa del passo delle Morre. Era retto da un sindaco, che, come altrove, al momento della nomina doveva versare una cauzione di cinquanta libbre d’argento: il sindaco si recava a Todi il primo sabato di ogni anno per conferire con il podestà e per consegnare le tariffe riscosse del pascolo, legnatico ghiandatico, frondatico, del carbone, delle pertiche, calce e mattoni.
Affiancavano il sindaco i “massari” e i sergenti, questi ultimi rendevano conto dell’attività militare.
Fu rettore della chiesa di San Donato, Don Giacomo Landi che era stato “magister familie” del cardinale di Santa Fiora, nipote di Paolo III. I Landi erano guelfi, quindi Collelungo si trovò a sopportare la violenza del ghibellino Aribello Chiaravalle, come aveva dovuto subire la prepotenza di Carlo VIII che era sceso lungo tutta la penisola senza colpo ferire, prendendo con la prepotenza quanto gli occorreva.
Nel 1571 la popolazione di Collelungo era di 185 persone, di cui 46 fanciulli. All’interno del castello c’era un ospedale ma con un letto “satis incomodo”. Nel XVI secolo, i suoi abitanti non hanno più a che fare con la guerra e i soldati fanno parte della milizia cittadina. L’ultimo signore di Collelungo fu il conte Morelli. Anche questo castello fece parte del Cantone di Baschi e della Comune di Toscolano.

Storia di Morre
Pare che il nome provenga dai gelsi, detti mori, che abbondavano nella zona, essendovi vastamente praticato l’allevamento dei bachi da seta. Ma la spiegazione del nome potrebbe essere anche un’altra: la selva con le more cespugliose.
Era una villa, costruita fra il 1147 e il 1149 su antichi insediamenti di epoca romana. Nel censimento del 1290 risultano circa 60 abitanti, tutti contadini e pastori, ai quali il Comune di Todi chiedeva continue prestazioni gratis, come la ricostruzione del castello di Montemarte.
Nel 1487, Todi aveva ceduto ogni diritto su Morre e Morruzze alla Camera Apostolica; i Morresi riscattarono poi la loro montagna pagando 400 ducati (o zecchini) al Papa Clemente VII che usò quel denaro per ricomprare le divise alle guardie svizzere. Nel 1522 le famiglie più importanti erano i Vitali, Albrighello e Sante, poi vennero i Pompei che dominarono per più secoli.
I luoghi di culto erano l’Eremo di San Francesco della Val Cerasa, il Monte Nerone, la chiesa di S. Andrea che nel 1572 fu unita a quella di S. Giovanni delle Morruzze, come parrocchia. Tutte le decisioni venivano prese dal Consiglio della Comunità che si riuniva nella stanza grande del castello. Ma i signori Pompei erano sempre potenti e talvolta usurpatori: alla fine del ‘700 riuscirono ad appropriarsi di alcuni castagneti della comunità (la castagna era la maggior fonte di nutrizione insieme alla ghianda, di cui si mangiava la farina, in tempi di carestia), il Consiglio rinunciò alla lotta sapendo che avrebbe avuto la peggio.
Nel 1809 Morre fece parte della Comune di Toscolano, Cantone di Baschi. Nel 1828 divenne frazione di Acqualoreto come Morruzze.

Storia delle Morruzze
Era una villa, come Morre, la sua costruzione è compresa tra il 1147 e il 1149. Sebbene il nome la faccia sembrare più piccola della sua vicina, nel censimento del 1290 era più popolosa e contava 75 abitanti.
I Morruzzesi erano montanari forti e laboriosi, conducevano una vita dura e la loro risorsa erano i boschi. Di carattere fiero ed orgoglioso mal sopportavano le corvèes che chiedeva loro la città di Todi, da cui dipendevano e anche loro dovettero prendere parte alla ricostruzione del castello di Montemarte.
Grosse calamità li colsero nel corso della loro storia: la peste del 1348, l’occupazione delle truppe di Carlo VIII, che depredarono le povere famiglie di quanto avevano, e la violenza di Altobello Chiaravalle, ghibellino, che poi fu sconfitto e trucidato ad Acquasparta.
I collegamenti con la città di Todi erano tenuti da funzionari scelti fra i proprietari terrieri più facoltosi; finito il mandato entravano a far parte della nobiltà todina. Nel 1571, essendo diminuito il numero degli abitanti, la parrocchia di S. Giovanni fu unita a quella di S. Andrea delle Morre.
Nel XVII secolo, le Morruzze divennero proprietà dei signori Paparini che ingrandirono il palazzo e fondarono l’oratorio di S. Ambrogio. Anche Morruzze, con l’occupazione francese, fece parte della Comune di Civitella, Cantone di Baschi.

Storia di Scoppieto
Il nome medioevale era Scopletis. Era una villa (castello senza fortificazioni), e costituiva un unico corpo con il vicino castelletto di Ponticelli, i cui abitanti erano appena quindici, mentre Scoppieto, nel XIII ne contava 145.
La chiesa di San Pietro (sec.XI) è una delle più antiche della zona. Gli affreschi dell’abside sono del XV secolo.
Nel 1330 l’abate di San Pietro insieme a quello della Abbadia di Sangemini fu scomunicato per aver esortato i fedeli a partecipare ad una spedizione contro la guelfa Orvieto.
Nel 1995 è stata individuata, nella campagna circostante, una fabbrica di ceramica romana di grandissima importanza: ceramica da mensa, finissima, con il sigillo dei ceramisti, i fratelli Lucius Zosimus e Publius Avilius Zosimus, che lavorarono dal 14 al 75 D.C. Gli scavi sono ancora in corso.
Storia di Vagli
Nel 1200 contava 160 abitanti e si chiamava “Castello di San Pietro in valle”, Castrum vallis. La chiesa di San Pietro esisteva prima del 1112, infatti i monaci Gregorio e Clemente le ebbero in possesso, poi fu donata, insieme al convento, all’Abbazia di Farfa. Attualmente la chiesa è fuori dal piccolo abitato ed è attaccata ad un casolare.
Il castello aveva una tradizione guerriera e contava un forte numero di sergenti, di limiti, di cavalli da battaglia.
Passato alla Camera Apostolica, fu venduto a Ludovico e Angelo degli Atti nel 1528. Secondo le disposizioni napoleoniche, fu attribuito a Baschi.
Pagina aggiornata il 27/06/2024