Baschi, che sorge sulla riva sinistra del Tevere poco distante dalla confluenza con il Paglia, è il capoluogo di un grande comune che comprende oltre al suo antico territorio, altri paesi e raggruppamenti di case posti sui colli, verso Todi: Acqualoreto, Morre, Morruzze, Collelungo, Civitella del lago, Cerreto, Scoppieto e Vagli.
Poco o nulla sappiamo della sua storia in età preromana. E’, invece, ben documentato il periodo romano: in effetti era “l’antica città di Veascium, dove, secondo Diodoro di Sicilia, i Galli, capeggiati da Brenno, furono battuti da Furio Camillo sette mesi dopo la battaglia del fiume Allia, il 16 luglio del 364 dalla fondazione di Roma e 390 anni prima della nascita di Cristo” .
In epoca romana la zona era densamente popolata e numerosi sono i reperti archeologici ritrovati.
Il comune (rurale) nacque e si sviluppò in seno ad una signoria che fu una delle più lunghe: signoria che fu detta dei Baschi. Prodi ed impetuosi cavalieri, i Baschi (di quasi certa origine longobarda) abbracciarono la causa ghibellina. Li troviamo coinvolti in grandi avvenimenti dell’Italia centrale, come la discesa di Arrigo VII di Lussemburgo, e di Ludovico di Baviera, e durante le lotte contro i loro acerrimi nemici guelfi. Imparentati con le maggiori famiglie (Aldobrandeschi, Farnese, Orsini, Baglioni, Caetani, Vitelleschi, Baglioni ecc.), nei secoli XIII e XIV raggiunsero il loro massimo potere arrivando ad avere 60 castelli con possedimenti che si estendavano in Umbria, in Toscana fino al mare, nelle Marche fino a Camerino. Machiavelli nel 2° libro della sua Storia di Firenze dice che “dall’anno 1215 i Baschi erano tra le famiglie più nobili di Firenze”; e nel libro 8° che “intorno all’anno 1478 la famiglia Baschi era per nobiltà e ricchezze la più splendida di Firenze senza fare eccezione nemmeno per i Medici”.
I Baschi si svilupparono in diversi rami che rimasero sempre uniti in “consorteria”, essendo in comune i diritti nei loro castelli e per qualsiasi impresa erano concordi e pronti all’azione. “Troviamo spesso i Baschi di Montemarano, di Vitozzo (Toscana), del ramo originario ed altri impegnati nel tentativo, sviluppatosi per tutto il XIV secolo ma non condotto a buon fine, di creare un feudo territorialmente grande e forte, sostituendosi nel dominio aldobrandesco ormai avviato alla rovina (“Vitozza, un centro abbandonato, San Quirico, un centro nuovo”- Angelo Biondi-1988)
Tuttavia non mancarono le lotte intestine: basta ricordare il massacro della Signora Bernardina e di alcuni suoi figli nel castello di Baschi, perpetrato dai parenti Baschi di Carnano (Montecchio) nel 1553.
Il primo Signore di Baschi di cui abbiamo notizia si chiama Ugolino e viveva nel 1080. I nomi più ricorrenti della casata sono Ugolino e Ranieri.
Nel 1162 Federico I, detto Barbarossa, concede il diploma di Conte dell’Impero a Ranieri II, o Neri, signore di Baschi, Vitozzo e Montemarano.
I figli di Ugolino III di Baschi, Ugolino, Ranieri e Bonconte, nel 1216 sono in grande discordia tra loro ed altri parenti per motivi di interesse; Bonconte pensa bene di coinvolgere S. Francesco nell’opera di pacificazione (il Santo era solito frequentare la zona e poco prima, ad Alviano, durante una predica, era avvenuto l’episodio straordinario ricordato come “il miracolo delle rondini”- nella cappella del castello un affresco ne ha fissato la memoria). Egli li va a trovare e riesce a ristabilire la pace. Per testimoniare la loro riconoscenza al Santo, gli offrono una delle loro terre su cui insiste un fortilizio, in prossimità del Tevere. Il maniero viene trasformato in convento che prende il nome di S. Angelo di Pantanelli ed è il 43° dell’ordine. Il vano sottostante la cappella sarà il Pantheon della famiglia.
Tra le figure maschili più significative del casato ricordiamo Bindo dei Baschi, detto “Pasta calda”, figlio di Ugolino V, generale delle truppe di Todi nella battaglia di Montemolino (vicino a Marsciano) svoltasi il 5 settembre 1310, una delle più sanguinose della secolare lotta tra Guelfi e Ghibellini, tanto che vicino al ponte alcuni luoghi presero nomi particolari, come “Rio sangue” e “Morticcio”. La vittoria arrise ai Glibellini. Bindo fu il capo della più grossa Lega ghibellina dell’Umbria. Nel 1313, mentre si preparava a consegnare la città di Orvieto all’imperatore Enrico VII (che andava a Roma per ricevere la corona imperiale) e i Ghibellini si fortificavano nelle torri e nei palazzi, giunsero in loro aiuto gli altri Ghibellini della lega: Manfredi de’ Prefetti di Vico, il Conte di Santafiora, Guiduccio da Bisenzio, Lante di Carnano, i Vitozzi, i Marsciano, i Conti di Chianciano, i Visconti di Campiglia, i Mazzocchi, i Tosti, i De’ Medici, e tutti i Ghibellini di Terni, Narni, Amelia e Todi. In aiuto dei Monaldeschi (Guelfi) venivano: i Signori di Farnese, I Montemarte di Campiglia, Ugolino e Offreduccio di Alviano, e altri da Montepulciano, Radicofani, Chiusi, Bagnorea (oggi Bagnoregio). La lotta era molto cruenta nelle strade di Orvieto; i Ghibellini vincevano aiutati anche da 3000 fanti dell’imperatore; ma mentre i Guelfi si accingevano a fuggire giunsero, entrando per la porta Maggiore al suono delle trombe, 1200 fanti e altrettanti cavalieri da Perugia. Si combattè corpo a corpo; fu una carneficina. I Guelfi prevalsero. Bindo fu rovesciato da cavallo, massacrato, fatto a pezzi (20 agosto) e sepolto nella chiesa di S. Francesco ad Orvieto. Aveva solo 27 anni. (Quando l’edificio fu restaurato nel XVIII sec. la sua tomba è andata distrutta.) Trecento case dei vinti furono date alle fiamme e confiscate le tenute di Carnaiola, Fabro, Ficulle e Lipraga.
Un altro personaggio strettamente legato alla storia del castello di Baschi è Ranuccio, figlio di Gian Raimomdo (assassinato tra Baschi e Montecchio dai parenti di Carnano), e di Bernardina dei Baschi, figlia di Ercole dei Baschi, signore di Sermugnano. Nel 1553 Ranuccio scampò all’assassinio della madre e di altri congiunti (1553). Ecco come ne parla Cipriano Manente, storico orvietano: “…Attilio e Flaminio di Guiccione di Carnano, con trattato di alcuni villani, entrarono in Baschi, la mattina a l’aprir della porta et uccisero la Signora Bernardina Vitozzi, già moglie del Signor Raimondo, con Carnario suo figliolo et Celidonio nipote, con due servitori, per causa del dominare et di odii antichi, tra essi di medesimo sangue nati, et campò un altro figliolo, detto Ranuccio et una figliola, che a sorte si trovavano in Orvieto.” Da un’illustre fonte “Historia di Casa Baschi (tratta da “Historia di diverse famiglie di Orvieto”), apprendiamo:”…più di tutti fu crudelissimo e spietato Attilio, il quale, non perdonando o tralassando sceleragine alcuna, fece crudelissima stragge de’ suoi Parenti Signori di Baschi, che a sentirlo solamente raccontare, qualsivoglia mente, benchè inhumana, ne sente orrore; onde il Sommo Pontefice Giulio III, perchè restasse perpetuamente scancellata la memoria di huomini così crudeli e facinorosi, ordinò che fosse distrutto e desolato affatto questo castello di Carnano, come seguì l’anno 1553.” Per circa un secolo queste famiglie si erano odiate e avevano conteso il castello di Baschi, con alterne vicende. La povera Bernardina cercò di salvarsi sul tetto del palazzo, ma fu abbattuta ad archibugiate. I rustici non fecero nulla per soccorrerla e difenderla; pare che proprio loro abbiano fornito le scale agli assassini perché potessero raggiungerla, e tennero perfino i mantelli degli assalitori durante la crudele operazione. Gli assassini furono puniti: Attilio decapitato e il fratello esiliato. Il castello fu raso. Ancora ne esistono i ruderi, tra essi l’altare e parte dell’abside di S. Maria di Carnano e una cisterna per la raccolta dell’acqua, nonché diversi muri diroccati.
I beni dei Carnano furono confiscati e acquistati dalla famiglia Ancajani di Spoleto. A Tenaglie esiste il Palazzo Ancajani, alto e maestoso. Una parte delle proprietà furono incorporate dai Baschi del ramo principale.
Il giovane Ranuccio, figlio superstite di Bernardina, prese in mano la signoria e intese restaurarla rendendole l’antico splendore. Fu l’ultimo gran signore del casato. Costruì il palazzo che oggi è sede del Comune e fece di Baschi un prezioso, piccolo centro rinascimentale. Nel salone fu costruito un grande camino con lo stemma suo e di sua moglie, sotto la scritta “Ranutius et Hippolyta coniuges”, la stessa scritta, abbreviata, si trova sugli architravi delle porte. Il camino si trova, fin dai primi anni del 1900, a Todi, nel Palazzo Ciuffelli, forse fu un dono (o una tengente?) ad Augusto Ciuffelli (ministro dei lavori pubblici nel 1915) che si adoperò per far completare il ponte sul Tevere, iniziato nel 1907. Ippolita apparteneva alla nobilissima famiglia Bourbon dei Marchesi del Monte S. Maria (nobiltà toscana). Si circondò di letterati, e fu la regina di una piccola corte raffinata. Il Conte Ranuccio non riuscì mai dimenticare la strage dei suoi e la parte di responsabilità dei rustici. Sebbene il Comune avesse l’appoggio del Governo pontificio, il Conte dette filo da torcere a tutti. Perseguita coloro che a suo avviso erano i più colpevoli, obbliga i castellani a fare servizi di trasporto per lui e ambascerie; nel 1575 redige il nuovo statuto che scrive di sua mano: è più ampio e retorico del precedente, in esso si annullano molte conquiste faticosamente ottenute dai Baschiesi; a chi osa fare delle osservazioni risponde: “Lo statuto sono io” (precedendo di un secolo circa Luigi XIV che diceva “Lo stato sono io”). Nel 1574 incarica, insieme alla sua seconda moglie Cornelia Santinelli, il migliore architetto della zona, Ippolito Scalza (autore dei più bei palazzi di Orvieto e di molte opere di architettura e scultura nel Duomo) di rifare la chiesa di S. Niccolò. Nel 1587 si stabilisce che tutte le tasse apostoliche debbano essere pagate ad Orvieto; Baschi passa così dall’influenza di Todi a quella di Orvieto.
Nel 1601 il Conte muore, dopo aver lasciato scritto nel testamento che non voleva fasti per la sua sepoltura; e lascia in eredità ai frati di Pantanelli un “horologgio”, con la clausola che se non lo mantengono bene, dovrà tornare in possesso della sua famiglia.
Appartenente alla casata dei Baschi ricordiamo anche Ascanio Vitozzi (1539-1615), figlio illegittimo di Ercole dei Baschi di Vitozzo, signore di Sermugnano, nato quasi sicuramente a Baschi, che fu ingegnere militare, architetto e urbanista; partecipò alla battaglia di Lepanto, combattè in Ungheria, a Tunisi e, alle dipendenze di Filippo II di Spagna, in Portogallo. Lavorando poi con Carlo Emanuele I di Savoia, dette l’assetto attuale alla città di Torino: progettò l’attuale asse di via Roma, ristrutturò con i portici piazza Castello, progettò una prima trasformazione del vecchio castello che divenne Palazzo Madama; suoi sono i progetti delle chiese del Corpus Domini e della Trinità a Mondovì, e il Santuario della Madonna Santissima a Vicoforte.
Fa parte del casato anche il Padre Matteo dei Baschi di Camerino, fondatore dell’ordine dei Frati Cappuccini.
Troviamo diversi signori Baschi che ricoprono importanti cariche pubbliche civili (di Podestà, di Capitano del popolo) ed altri incarichi militari (luogotenenti, condottieri) maggiormente nelle lotte sviluppatesi nel senese.
Il Conte Marzio, figlio di Ranuccio, morendo, lascia agli eredi, i fratelli Francesco e Sforza, possedimenti per 31.000 scudi e debiti per 30.375 scudi. La proprietà di Marzio viene comprata dai Massimo di Roma: è l’inizio della fine. La signoria si fraziona sempre più. La parte di Sforza è a metà con i Sozi; ai Massimo succede il Conte Petroni. A turno i signori tengono il castello. Continuano le vendite: all’Ospedale dei Pazzi di Roma (1736), ai conti Francisci-Cerbelli. Ai Baschi rimane un sesto.
La Signoria finisce nel 1751 con la morte di Francesco Maria, celibe, figlio di Sforza, pronipote del Conte Ranuccio. La sorella di Francesco Maria, Angelina, sposò il Conte Mazzanti di Orvieto ed ebbe 23 figli.
Nel 1809 Roma e lo Stato pontificio vennero annessi alla Francia, dopo l’occupazione di Napoleone. Baschi fece parte del Circondario di Todi insieme ad Orvieto, Dipartimento del Trasimeno.
Nel 1960 Baschi passò al governo italiano con Orvieto e Todi.
Nel 1891 il Palazzo del Conte Ranuccio, oggi sede del Comune, era diviso in tre parti, tra la Banca Romana, il signor Gaddi erede dell’ultimo Buccisanti a sua volta erede dei Mazzanti, e i Francisci che vendettero la loro parte al Comune, il quale vi stabilì la sede dell’Amministrazione comunale.
Ad Orvieto esistono ancora i discendenti di Angelina dei Baschi.
La famiglia Baschi si estese e ramificò anche in Francia. Nel 1412 Guiscardo dei Baschi, signore di Vitozzo (diocesi di Sovana), di Morano e di Latera, insieme alla moglie Giacomina Farnese, figlia di Ranuccio Farnese, e ai due figli Bertoldo e Romana, seguì Luigi II d’Angiò, re di Napoli e Conte di Provenza; il re lo aveva nominato suo Scudiero d’onore. Si stabilì nel castello di Thoard (Basses Alpes); acquistò poi i castelli di Barras, Saint-Estève e Tournefort. Thoard rimase sempre la “casa madre” dei Baschi di Francia, che si svilupparono in due rami principali, di Saint- Estève e di Saint- Pierre, e in altri rami secondari. I Baschi figurano tra i nobili di Francia e molti di loro hanno svolto ruoli importanti e ricoperto alte cariche nella diplomazia, nell’esercito, nella politica. Alcuni hanno vissuto a stretto contatto con i re, in qualità di Scudieri, “Maitres d’hotel”, “Gentilhommes ordinaires de la chambre du Roi”, consiglieri. A molti sono state conferite le più alte onorificenze, quali “Cavaliere della Legion d’onore”, “Cavaliere di San Luigi”, “Gran Croce dell’0rdine reale e militare di San Luigi”, e perfino “Pari di Francia”. Ricordiamo molto brevemente il Conte François de Baschi de Saint- Estève, che militò per tre anni nella seconda compagnia dei Moschettieri del Re, poi fu nominato Ministro plenipotenziario presso l’Elettore di Baviera (1748); nel 1750 fu inviato in Portogallo come ambasciatore e nel 1760 a Venezia, sempre in qualità di ambasciatore. Sposò Charlotte Victoire le Normant, di venti anni più giovane, e divenne cognato di Madame de Pompadour, la favorita di Luigi XV; frequentò, insieme alla moglie, la corte e fu insignito delle più alte onorificenze, tra cui quella di “Pari di Francia”.
Orgoglioso delle sue origini italiane, dopo il 1749 venne in Umbria per conoscere i parenti di Baschi e di Orvieto: il Conte Francesco Maria di Baschi, Angelina e il marito di lei, il Conte Mazzanti, instaurando con loro una interessante e affettuosa corrispondenza epistolare. Degno di essere conosciuto è anche Charles de Baschi, Marchese di Aubais e del Cayla (Languedoc): anch’egli fu moschettiere del Re prima di ritirarsi nei suoi possedimenti del sud; molto amato dai sudditi, dedicò la sua vita alle lettere, scrisse “Pièces fugitives pour servir à l’histoire de France” ed altre opere sempre di ricerca storica, ma fu soprattutto un grande “rassembleur de livres”: ogni anno si recava a Parigi con due carrozze una delle quali veniva riempita di libri; ne raccolse ben 30.000; per ospitarli fece aggiungere un’ala al suo splendido castello (che contava tante finestre quanti sono i giorni dell’anno) di Aubais. Il castello fu incendiato il 1 aprile 1792, ed anche quello di Thoard fu massacrato dai rivoluzionari.
L’ultimo dei Baschi di Francia fu Achille Pierre Antoine de Baschi, Conte del Cayla, ufficiale superiore, Cavaliere dell’Ordine Reale e militare di S. Luigi, Pari di Francia, nato nel 1775 a Parigi nel Palais Bourbon, morto il 14 agosto 1851. Sua moglie, Zoé Talon de Baschi Contessa del Cayla, divenne la favorita del Re Luigi XVIII, e quindi si separò da lui “de corps et de biens”. Ebbero due figli Ugolino che morì prima dei genitori (fu quindi l’ultimo Baschi generato) e Ugolina Valentina che sposò il principe di Craon.
Pagina aggiornata il 25/11/2024